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John Broadus Watson (1878-1958) è considerato il padre del comportamentismo, una delle correnti più influenti e rivoluzionarie nella storia della psicologia. La sua opera ha segnato una svolta epocale, spostando l’attenzione dagli studi soggettivi sui processi mentali interni a un’indagine scientifica rigorosa e oggettiva del comportamento umano e animale, misurabile e osservabile.

Biografia e contesto storico

Watson nacque nel South Carolina e si laureò in psicologia all’Università di Chicago, dove fu influenzato dal pragmatismo e dalle idee di filosofi e scienziati che enfatizzavano l’importanza dell’osservazione diretta. All’inizio del XX secolo, la psicologia era dominata dall’introspezione e dallo studio soggettivo della mente, ma Watson ritenne che questi metodi fossero troppo vaghi e non scientifici.

Nel 1913 pubblicò un articolo fondamentale intitolato “Psychology as the Behaviorist Views It” (La psicologia secondo il comportamentista), in cui definì il comportamentismo come una nuova disciplina che doveva occuparsi esclusivamente di ciò che è osservabile e misurabile: il comportamento.

Principi fondamentali del comportamentismo

Watson sviluppò una visione della psicologia che si basa su alcune convinzioni chiave:

  • Comportamento come oggetto di studio: La psicologia deve limitarsi allo studio di ciò che può essere osservato esternamente, ossia le azioni e le reazioni dell’individuo, senza fare riferimento a stati mentali interni non direttamente accessibili.

  • Stimolo e risposta: Il comportamento è visto come una risposta automatica e prevedibile a stimoli ambientali. La relazione tra stimolo e risposta è alla base dell’apprendimento e del comportamento.

  • Condizionamento: Watson sostenne che gran parte del comportamento umano è appreso tramite il condizionamento classico, un processo di associazione tra stimoli neutri e stimoli significativi.

  • Riduzionismo scientifico: La mente è considerata una “scatola nera” di cui non si può accedere; pertanto, la psicologia deve concentrarsi solo sui dati empirici osservabili.

L’esperimento di Little Albert: un esempio di condizionamento emozionale

Uno degli esperimenti più celebri condotti da Watson e dalla sua assistente Rosalie Rayner riguarda il “Little Albert”, un bambino di circa nove mesi. Inizialmente, Albert mostrava indifferenza o curiosità verso vari stimoli, tra cui un topolino bianco. Watson e Rayner associarono la presentazione del topolino a un forte rumore improvviso e spaventoso, provocando in Albert una risposta di paura.

Dopo alcune associazioni, Albert iniziò a manifestare paura anche solo alla vista del topolino bianco, senza la presenza del rumore. Questo esperimento dimostrò in modo empirico che le emozioni potevano essere condizionate attraverso l’associazione di stimoli ambientali, sostenendo l’idea che anche le risposte emotive, tradizionalmente considerate innate, possono essere apprese.

Critiche e sviluppi successivi

Sebbene il comportamentismo abbia avuto un grande successo nel definire metodi scientifici rigorosi, esso è stato anche criticato per il suo riduzionismo e per l’esclusione dei processi cognitivi e delle emozioni interne, che oggi sappiamo influenzare profondamente il comportamento umano.

Successivamente, la psicologia cognitiva ha integrato le idee comportamentiste con lo studio dei processi mentali interni, dando vita a un approccio più completo. Tuttavia, il lavoro di Watson ha posto le basi per molte tecniche e interventi ancora oggi utilizzati in ambito educativo, clinico e sociale, come le terapie comportamentali e i programmi di modifica del comportamento.

L’eredità di John B. Watson

Il contributo di Watson è stato fondamentale per far evolvere la psicologia da una disciplina filosofica a una scienza sperimentale. La sua enfasi sull’ambiente come principale determinante del comportamento ha influenzato non solo la psicologia, ma anche l’educazione, la pubblicità, e la psicoterapia.

Oggi il comportamentismo rimane un riferimento imprescindibile per chi studia il comportamento umano, soprattutto per comprendere come l’apprendimento e l’esperienza modellano le nostre azioni e reazioni quotidiane.

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