Un invito a guardare oltre le apparenze e ad allenare il pensiero consapevole
Nel lavoro educativo, soprattutto quando si affiancano alunni con bisogni educativi speciali o si promuove lo sviluppo dell’autonomia, è essenziale trasmettere non solo conoscenze, ma anche strategie di pensiero. Spesso ci si concentra su ciò che bisogna sapere, mentre si trascura come pensiamo, come prendiamo decisioni, come valutiamo le situazioni.
Due strumenti molto efficaci, anche se in apparenza distanti tra loro, possono aiutarci in questo percorso: la tecnica dei Sei cappelli per pensare di Edward de Bono e la metafora della figlia del mercante, una storia antica che ci insegna l’arte di osservare la realtà con occhi nuovi.
I sei cappelli per pensare
Immaginiamo che il pensiero non sia un’attività caotica e disordinata, ma un processo che può essere guidato, scomposto e organizzato. Edward de Bono ha proposto una tecnica semplice ma potente: usare sei cappelli, ciascuno di un colore diverso, per rappresentare sei modalità di pensiero.
Indossare un cappello significa assumere intenzionalmente un punto di vista preciso, anche se non è quello che istintivamente adotteremmo. Così si educa la flessibilità mentale e si evita di rimanere imprigionati in un solo modo di ragionare.
Ecco il significato di ciascun cappello:
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Cappello bianco → Fatti, dati, oggettività. “Cosa sappiamo? Cosa possiamo misurare?”
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Cappello rosso → Emozioni, intuizioni. “Cosa sento? Cosa mi colpisce a livello emotivo?”
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Cappello nero → Criticità, rischi, limiti. “Cosa potrebbe andare storto?”
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Cappello giallo → Aspetti positivi, vantaggi. “Quali sono i benefici o le opportunità?”
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Cappello verde → Creatività, nuove idee. “Ci sono alternative possibili? Altri modi di vedere?”
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Cappello blu → Controllo e gestione del pensiero. “Da dove partiamo? In che ordine procediamo?”
L’utilità di questa tecnica è trasversale: può essere applicata in classe per l’analisi di un testo, nella progettazione educativa, nel problem solving, nei colloqui individuali o nei momenti di orientamento.
La metafora della figlia del mercante: pensare fuori dagli schemi
A questa struttura mentale possiamo affiancare una storia antica, nota in molte culture come la metafora della figlia del mercante, che mostra come il pensiero creativo e la capacità di osservare criticamente la realtà possano fare la differenza anche nelle situazioni più complesse.
La storia è questa.
Un vecchio mercante, pieno di debiti, si trova in difficoltà. Il suo creditore, un uomo senza scrupoli, gli propone un patto: gli avrebbe cancellato il debito se avesse potuto sposare sua figlia. Il mercante e la ragazza sono sconvolti, ma l’uomo insiste. Propone allora un “gioco di fortuna” per rendere tutto più equo: avrebbe messo due pietre, una nera e una bianca, in un sacchetto. Se la ragazza avesse estratto la pietra bianca, sarebbe stata libera e il debito perdonato. Se avesse estratto la nera, sarebbe stata costretta a sposarlo. Se si fosse rifiutata di giocare, il padre sarebbe finito in prigione.
La ragazza accetta, ma mentre l’uomo raccoglie le pietre, si accorge che ne mette due nere nel sacchetto. Nessuno se ne accorge, tranne lei. Sa quindi che il gioco è truccato. Ha davanti a sé tre possibilità:
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Rifiutarsi di partecipare e condannare il padre.
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Denunciare l’inganno, ma senza prove.
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Accettare e perdere, sposando l’uomo.
Ma la ragazza compie una quarta scelta, inaspettata: infila la mano nel sacchetto, estrae una pietra e, senza mostrarla, la lascia cadere a terra, mescolandola con i sassolini. Poi dice:
“Oh, che sbadata! Ma non importa. Basta guardare quella che è rimasta nel sacchetto per sapere quale ho estratto.”
Così il creditore, per non svelare il suo inganno, è costretto a tirare fuori l’altra pietra nera… e tutti devono ammettere che la ragazza aveva preso quella bianca.
Collegare i cappelli alla metafora
Questa storia è un potente strumento educativo, perché insegna che non esiste un solo modo di affrontare i problemi. Quando le opzioni sembrano tutte sbagliate, possiamo immaginare un’alternativa. E qui si rivelano utili i Sei cappelli.
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Il cappello nero direbbe: “È un gioco truccato, non si può vincere.”
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Il cappello giallo risponderebbe: “Forse si può trovare una via d’uscita.”
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Il cappello rosso sentirebbe paura, rabbia, ingiustizia.
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Il cappello bianco raccoglierebbe i dati: due pietre nere, una truffa in corso.
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Il cappello verde chiederebbe: “E se ci fosse una quarta possibilità?”
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Il cappello blu, infine, aiuterebbe a scegliere il percorso migliore.
La ragazza, nel suo gesto semplice e geniale, ha saputo unire pensiero critico e pensiero creativo: ha visto l’imbroglio (cappello nero), ha trovato un’idea nuova (cappello verde), ha controllato la situazione (cappello blu), e ha avuto il coraggio di agire (cappello rosso e giallo insieme).
Una lezione per educatori e studenti
Proporre in classe questa metafora, insieme alla tecnica dei cappelli, significa educare alla complessità, offrire agli studenti strumenti per non subire la realtà ma per leggerla, interpretarla e trasformarla. Significa insegnare che non sempre la risposta è davanti agli occhi, ma può nascere da un’intuizione, da una riflessione profonda o da una domanda inedita.
È un invito, per tutti, a non restare prigionieri delle alternative che ci vengono imposte, ma a creare spazi di possibilità. Proprio come ha fatto la ragazza del mercante. Proprio come possiamo fare ogni volta che scegliamo di indossare un cappello diverso, per vedere il mondo da un’altra angolazione.