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Come tratteniamo, elaboriamo e usiamo le informazioni nell’apprendimento

Alan Baddeley (nato nel 1934), psicologo cognitivista britannico, ha rivoluzionato lo studio della memoria proponendo, insieme a Graham Hitch, un modello dinamico e funzionale noto come modello della memoria di lavoro (working memory).
Questa teoria ha sostituito la visione statica della memoria a breve termine, introducendo il concetto di una memoria attiva, impegnata contemporaneamente nel trattenere e nell’elaborare informazioni.
Per l’educazione, ciò significa capire perché alcuni studenti faticano a concentrarsi, a seguire più istruzioni, o a risolvere problemi complessi.

Cosa si intende per memoria di lavoro?

La memoria di lavoro è un sistema mentale temporaneo, che permette di:

  • mantenere le informazioni attivamente disponibili per pochi secondi,

  • manipolarle, combinarle e utilizzarle per un compito cognitivo (es. comprendere una frase, fare un calcolo, scrivere un testo).

È come una lavagna mentale su cui scriviamo e riscriviamo ciò che ci serve nell’immediato.

Il modello tripartito di Baddeley e Hitch

Il modello della memoria di lavoro (1974) comprende tre componenti principali:

🔹 1. Taccuino visuo-spaziale (visuo-spatial sketchpad)

  • Mantiene ed elabora immagini mentali, forme, percorsi, colori.

  • Utile per orientarsi nello spazio, ricordare una mappa, leggere un grafico.

  • Importante per le abilità geometriche, artistiche, scientifiche.

🔹 2. Loop fonologico (phonological loop)

  • Memorizza temporaneamente informazioni verbali e sonore.

  • Comprende due sottosistemi:

    • magazzino fonologico: conserva i suoni;

    • ripetizione articolatoria: li mantiene attivi ripetendoli mentalmente.

  • Fondamentale per comprendere il linguaggio, fare calcoli a mente, ricordare una lista di parole.

🔹 3. Esecutivo centrale (central executive)

  • È il sistema di controllo: supervisiona, coordina e indirizza le risorse cognitive.

  • Gestisce l’attenzione, seleziona le informazioni, inibisce le distrazioni, cambia strategia se necessario.

  • Fondamentale per pianificare, risolvere problemi, prendere decisioni.

Nel 2000, Baddeley aggiunge una quarta componente:

🔸 4. Buffer episodico

  • Integra informazioni da più fonti (visive, uditive, memoria a lungo termine).

  • Crea rappresentazioni coerenti, organizzate, narrative.

  • Utile per comprendere testi complessi, risolvere problemi aperti, integrare conoscenze.

Implicazioni didattiche del modello

Il modello di Baddeley è molto utile per spiegare le difficoltà quotidiane di molti studenti, anche senza diagnosi specifica.
Evidenzia che non è solo una questione di “memoria”, ma di capacità di gestire più compiti mentali contemporaneamente.

Strategie per la didattica:

  • Ridurre il carico cognitivo: proporre poche istruzioni per volta.

  • Usare schemi, immagini e parole chiave per aiutare la memoria visiva e verbale.

  • Favorire pause frequenti, suddividere i compiti in passaggi.

  • Usare mappe concettuali e strumenti visivi per sostenere il taccuino visuo-spaziale.

  • Insegnare strategie metacognitive per gestire l’attenzione e pianificare.

Memoria di lavoro e bisogni educativi speciali

La memoria di lavoro è spesso deficitaria in studenti con DSA, ADHD, funzionamento cognitivo limite.
Capire come funziona questo sistema ci aiuta a:

  • non attribuire la fatica solo a “disattenzione” o “scarsa volontà”;

  • progettare ambienti e attività che alleggeriscono la richiesta mentale;

  • usare strategie compensative (es. istruzioni scritte, organizzatori grafici, check-list).

Un insegnante che tiene conto della memoria di lavoro sa che un testo troppo lungo, una spiegazione affrettata, un compito mal strutturato possono bloccare l’apprendimento, anche in studenti molto intelligenti.

Conclusione

Alan Baddeley ci ha offerto una chiave per capire perché ricordare non è semplice, e perché pensare richiede uno sforzo attivo.
La memoria di lavoro è la base su cui costruiamo la comprensione, il ragionamento, la soluzione di problemi.
Nel contesto scolastico, è fondamentale progettare attività che ne rispettino i limiti e ne potenzino l’uso, soprattutto con gli studenti che più rischiano di essere esclusi da una didattica solo trasmissiva.

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